Il tema degli spazi pubblici è sempre molto dibattuto da differenti punti di vista, sia quello accademico, sia quello urbanistico/amministrativo. Queste differenti prospettive, troppo frequentemente, non convergono in un ragionamento più completo che porterebbe tutti, studiosi, progettisti e fruitori a comprendere meglio le problematiche ad esso legate.
Quando si parla di “spazio pubblico” a cosa si fa riferimento?
Potrebbe essere interessante immaginare la consueta rappresentazione di una città in una mappa: le abitazioni sono colorate (di solito di grigio) e le strade sono di una tinta neutra (bianche). Anche graficamente, le strade e le piazze, appaiono il risultato di ciò che non è edificio. Il vuoto e non il pieno. Nella rappresentazione in bianco/nero il rilevo si dà tendenzialmente all’edificato.
Proviamo ad invertire i colori e occupiamoci di quegli spazi che, comunque li si rappresenti, sono la trama sulla quale è costruita la città.
Ricordiamoci quindi, nel farlo, che il nostro ragionamento sugli spazi pubblici ha senso solo perché ad essi si contrappone uno spazio che pubblico non è (bianco e nero).
Semplificando all’estremo, quindi, possiamo dire che sono pubblici quegli spazi che non sono privati, quegli spazi che ci permettono di sportarci da una casa all’altra. In questi avverranno delle interazioni sociali: è proprio l’interazione sociale che conferisce a questi spazi il carattere “pubblico”.
Definire precisamente uno “spazio pubblico” non è cosa banale, sia per la complessità dei significati ad esso attribuibili, sia per le molteplici relazioni che le “popolazioni urbane” vi mettono in atto.
Attualmente, nel dibattito sull’analisi degli spazi pubblici, si possono delineare due correnti: una che vuole dimostrarne il declino come luogo di incontro fisico e politico ed una che ne sottolinea la trasformazione rispetto al passato e l’adeguamento alle mutazioni sociali.
Personalmente, parlando da fruitore e da progettista, mi sento più vicina ai sostenitori della seconda corrente e infatti proprio per stare al passo con le trasformazioni sociali gli urbanisti devono ridare senso agli spazi pubblici come oggi vengono intesi e vissuti: luoghi di sosta temporanea nel flusso della vita quotidiana […] luoghi permeabili, di attraversamento, di mobilità, che secondo il grado di sosta o di movimento permettono l’intrecciarsi di relazioni tra una cerchia più o meno ristretta, di incontri più o meno fugaci (Gazzola, Venturini 2010).
In un mondo sempre più insicuro questa permeabilità spaventa e si tende spostare l’interazione collettiva in aree considerate più sicure, in spazi che sono sì aperti al pubblico, ma privati. È a questi mutamenti e a queste nuove paure che si deve guardare per pensare allo spazio pubblico oggi, cercando di non enfatizzare l’attenzione sul privato a scapito del collettivo, ma cercando di far dialogare sempre di più architettura ed urbanistica nella consapevolezza che la coralità di intenti ed il confronto tra discipline potrà rafforzarsi dimostrando che gli spazi pubblici non sono morti.
Luisa Lombardi